Descrizione
“Questo romanzo è stato a lungo in un cassetto. Scritto quindici anni fa, è ambientato all’inizio del nuovo secolo, ma in realtà non conosce tempo. È la storia di due donne. Una all’improvviso si suicida, costringendo la sua migliore amica a iniziare un viaggio che la porterà nei luoghi della memoria più lontana fino a risvegliarsi dal torpore e a capire, almeno in parte, il perché di quel gesto. Malattia, morte, amore, magia, vita, sono i pezzi di un rompicapo tutto da ricomporre, e bisogna farlo in fretta, se non si vuole fare arrabbiare il radicchio.”
CATIPOLO I
“Capitano certi momenti in cui ci si ferma. Si aspetta o si immagina qualcosa. Si piange o si è talmente felici da voler condensare quell’attimo nell’immobilità. Fermare il tempo anche solo per un istante. A volte ci si ritrova fermi e non si sa nemmeno da dove si arrivi, figuriamoci se si riesce a vedere dove andare. Si sta così, immobili dentro e fuori, senza alcun motivo. Il tempo non scorre e tutto è uguale al persempre.
Mi ci sono trovata anche io. In quell’attimo esatto, improvvisamente mi accorsi che la mia era una vera e propria malattia. Una sera, con sopra la testa il solito cielo nella solita notte di agosto, mi resi conto che qualcosa dentro di me si stava modificando. O forse la mutazione era già avvenuta e solo allora cominciavo ad averne una seppur minima percezione. C’erano le stelle quella sera, tante tantissime stelle, questo lo ricordo bene. La luna faceva cadere una pioggia metallica straordinariamente intensa. Era una luna piena, grassa, distante, che colorava la notte con una luce fredda e cerulea. Si poteva sentire distintamente il fruscio delle onde del mare poco lontano e quel fruscio, come una nenia stentata, bussava a delle porte che non avevano alcuna intenzione di aprirgli. Il cuore chiuso, fermo, sbarrato, in ferie anche lui, dopo tutto era pur sempre agosto. In quella quiete assoluta, in quella totale assenza di movimento, percepii distintamente che l’immobilità del tempo è una malattia. Il malessere di un’assenza totale di riflessi incondizionati. Questa sensazione mi fece quasi mancare il respiro, scaraventandomi nell’ossessione di dovere per forza fare qualcosa pur di smuovere i minuti, pur di farli passare, anche se lentamente, ma farli passare. Ricordo la mia ricerca all’interno dell’armadio. Non riuscivo a trovare gli stracci per pulire la casa. Qualsiasi straccio, da polvere, da pavimento, per i vetri.
Niente, si erano “nascosti come probabilmente fanno anche i calzini che, puntualmente, si separano e uno di loro finisce sempre in qualche oblio domestico, ben nascosto alla vista. Il condominio era in silenzio. Una pace macabra e innaturale. Avrei voluto chiudere gli occhi e dormire anche io, ma dentro di me vigilava una strana sensazione, un istinto che tartagliava dolore, un presentimento che qualcosa stava per accadere senza, ovviamente, avere la più pallida idea di cosa fosse. Dovevo andare contro il tempo immobile, cambiarlo, trasformarlo in qualcosa di diverso, in movimento…”
ANNA MAZZONE è giornalista professionista e lavora per la redazione Esteri del TG2 RAI. Precaria da sempre, da bambina ha subito capito che il suo sogno di diventare un’astronauta non si sarebbe mai realizzato, visto il suo pessimo rapporto con i numeri e la matematica, e allora ha cominciato a scrivere. Poesie, racconti, istantanee di viaggi e di incontri a diverse latitudini. Crede che la vita sia una sorpresa continua, nel bene e nel male, e crede nei miracoli, anche se alla voce “Dio” preferisce barrare la casella “altro”. È convinta che i gatti e le donne abbiano il potere di cambiare il mondo. Questo è il suo primo romanzo.
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